Il Bracco italiano

La sua storia

Il bracco italiano è un cane di antica origine italiana. Attraverso i secoli è stato utilizzato nella caccia agli uccelli, prima con le reti ed in seguito con le armi da fuoco. È presente in affreschi del XIV secolo che mostrano la morfologia e l’attitudine venatoria come cane da ferma. È un cane resistente ed adatto a qualsiasi genere di caccia, serio, intelligente, docile con grande capacità di apprendimento.

Si ha notizia dei cani da ferma che venivano definiti cani da rete nel medioevo per la caccia alla selvaggina alata .
Erano questi i progenitori dei cani da ferma che avvertita la presenza della selvaggina in virtù del loro olfatto, la segnalavano immobilizzandosi. Gli addetti alla caccia posizionavano allora una rete davanti al cane, e tenendo un lembo ben alzato, la trascinavano verso di lui fino a coprire l’antistante selvaggina che cercava scampo nell’immobilità. Queste forme di caccia venivano praticate di notte, quando la selvaggina è più restia a volare, e di notte i cani fermano meglio, sia perché la funzione olfattiva è facilitata da un più alto tasso di umidità, sia perché al buio i cani non si distraggono e concentrano tutta la loro attenzione nella percezione olfattiva. In alternativa alla caccia con la rete, nel medioevo e fino a tutto il 1500 si praticava la caccia col falco, nella quale il cane aveva il compito di localizzare la selvaggina con la ferma, il falconiere, opportunamente appostato nei pressi del cane, liberava il falco che catturava l’uccello. Nel medioevo la caccia era retaggio della nobiltà, di Papi e alti prelati.

La prima documentazione è risalente all’affresco di Ambrogio Lorenzetti del 1337 raffigurante “l’Allegoria del Buongoverno in città e in campagna” che si trova nel palazzo Pubblico di Siena. Nell’affresco sono dipinti cavalieri col falco, accompagnati da cani con caratteristiche grosso modo rispondenti a quelle dell’attuale bracco, sempre nello stesso affresco è visibile il cane in ferma su di un uccello che potrebbe essere un francolino.

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo nella campagna, 1338-1339, Affresco Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.

Nel 1500 le caratteristiche estetiche del Bracco Italiano erano ormai fissate, come testimoniano descrizioni letterarie dove si descrive il Bracco come “ un cane dalla testa imponente , con lunghe e morbide orecchie, che fiuta da lontano la selvaggina estasiato, mentre il manto bianco e marrone riflette al sole il setaceo pelo”. I Bracchi Italiani erano presi in grande considerazioni dalla nobiltà, e c’era grande richiesta da tutte le nobiltà dell’Europa, e donare un Bracco Italiano era considerato uno dei regali più preziosi nel Rinascimento.
Fu solo agli inizi del 1600 con l’evoluzione dell’archibugio in un fucile più maneggevole tanto da trovare proficua utilizzazione nel tiro a volo , che portò un notevole mutamento nell’uso del cane da ferma , la caccia divenne esclusivamente diurna e al Bracco si richiese ferma più solida, ma soprattutto divenne importante fissare doti olfattive che consentissero di localizzare la selvaggina ad una maggiore distanza rispetto a quanto avveniva nella caccia con la rete. Ci vorranno però ancora cent’anni prima di avere fucili dalla moderna concezione, che consentissero un ampia diffusione di questo nuovo tipo di caccia , giungendo così al 1700, secolo d’oro del Bracco Italiano. Infatti non v’era casa signorile dell’alta Italia che non possedesse un Bracco di cui era sommamente orgoglioso e financo geloso, essendo motivo di rivalità la vantata superiorità, i meriti e la purezza dei soggetti , nonché la loro bellezza. Nel frattempo si erano creati due tipi di Bracco : il Piemontese col manto bianco pezzato di arancio, e il Lombardo con il manto bianco e marrone.
Ma il 1800 è stato il secolo della decadenza del Bracco Italiano per una serie di cause concomitanti. La nobiltà terriera italiana aveva abbandonato le campagne ai fattori, lasciando a loro anche la cura dei Bracchi. I fattori fecero la selezione al contrario, preferendo Bracchi più fiacchi che per scarsa vitalità, non necessitavano di alcun dressaggio. In quel secolo buio, ci fu un grande allevatore, fattore proprietario terriero nella provincia di Piacenza un tale Giovanni Ranza che diede origine a una nuova stirpe di Bracchi che acquistò larga rinomanza per oltre mezzo secolo, per poi il loro prezioso sangue si perpetuò nel Bracco piacentino. Il Bracco piacentino ci viene descritto da diverse testimonianze come un Bracco bianco arancio o roano marrone, essenzialmente più alto dei Ranza , che poteva arrivare a 70 centimetri, ma sempre snello e asciutto. Siamo così arrivati nel 1900.
La guerra scoppiata nel1915 sfasciò gli allevamenti e ne sparpagliò i soggetti in mano a persone che non erano allevatori, cosicchè la razza decadde perdendo le caratteristiche già fissate.
Dopo la guerra il grande cacciatore Cinofilo Giulio Colombo che possedeva il canile d’Olona, raccolse e acquistò alcuni tra i migliori soggetti superstiti della razza, che fu la fonte della rinascita del moderno Bracco italiano.
La seconda guerra mondiale diede un grandissimo colpo agli allevamenti del Bracco italiano, perdendo patrimoni genetici importantissimi. Fu per l’impegno di valenti cinofili che il 27 Novembre 1949 ci fu il primo raduno nazionale dei Bracchi italiano in quella di Lodi e in quella occasione nacque la S.A.B.I. (Società Amatori Bracco Italiano).
La svolta del Bracco moderno avviene nell’anno 1950, i geni dei Bracchi piacentini riaffiorarono in quel Tell dell’Adda, bianco arancio allevato da Luigi Ciceri , da cui doveva nascere Dero, padre di Lir 2° dei Ronchi, che avrebbe generato Lord e i Bracchi del Boscaccio , Bracchi trottatori naturali a grande cerca. Con la rinascita del Bracco moderno, i Bracchi della Bassa Brianza affondano le loro radici nel sangue generoso dell’allevamento del Boscaccio.

Ambrogio Fossati
Biassono MB
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