| ARTICOLO DI AMBROGIO FOSSATI |

Ci sono tanti modi per sparare ai beccaccini, ma uno solo per cacciarli: ed è con il cane da ferma.
E quando si possiede un cane beccaccinista, allora la caccia diventa Arte e Poesia.
In Lombardia in Veneto ed in Piemonte ed in altre poche zone d’Italia a beccaccini col cane si va nelle stoppie di riso ed è l’ultima caccia classica rimasta (perché le starne – quelle vere – in Italia sono ormai solo un ricordo) secondo un rituale diverso da qualsiasi altra caccia, dove il cane deve saper interpretare la cerca in totale autonomia. E come ogni forma d’arte, appare facile e semplice….. proprio perché il beccaccinista è un artista. Tutt’al più al cacciatore spetta il compito di indirizzarlo a buon vento, perché tutto il resto lo fa per conto suo: noi dobbiamo seguirlo col fucile in spalla sulle stradine e sui cordoli ai bordi della risaia per andare a servirlo quando è in ferma. Però sarà lui, col suo naso da specialista, ad indirizzare la cerca là dove sente l’odor di marcio che attrae i beccaccini; e proprio in virtù di questa sua magica sensibilità, saprà tagliare il terreno davanti a lui per trovare le zone più vocate a questa caccia super specialistica.
Di norma le ferme saranno a notevole distanza, non tanto perché il beccaccinista ha un naso più potente, ma perché l’ambiente umido in cui avviene questa caccia tende a favorire la funzione olfattiva.
Tutt’al più si può dire che il naso del beccaccinista ha (o meglio – deve avere) una particolare capacità selettiva, il DISCERNIMENTO la capacità di discernere ed estrapolare la viva emanazione dalle pasture. Perché i terreni che ospitano i beccaccini sono ricettacolo di molti altri selvatici, alcuni oggetto di caccia (come anitre e frullini, fagiani,lepri) ma soprattutto di gallinelle d’acqua, gabbiani, corvi, ibis, aironi,pispole ,allodole, dal piccolo topino di risaia alle nutrie, ogni tipo di animale che vi lasciano abbondanti tracce e deiezioni, fra le quali distinguere le emanazioni del beccaccino richiede un gran discernimento; non solo: la risaia è il luogo in cui il beccaccino normalmente “pastura” producendovi una quantità di “fatte”, che il beccaccinista dovrà distinguere dalle emanazioni del beccaccino effettivamente presente. Ecco perché le eventuali ferme in bianco (spontaneamente risolte) rappresentano un peccato veniale per il beccaccinista, perché a lui si chiede di trovare “l’ago nel pagliaio”.
Ho parlato della caccia nella risaia tradizionale, che però oggigiorno l’agricoltura industriale spesso trasforma in immense spianate livellate col lazer, in cui le zone di acqua stagnante sono scomparse; il beccaccino quindi può essere ovunque e per cercarlo anche in risaia vien buona la cerca regolare. Che per noi beccaccinisti è quasi un’eresia….ma dobbiamo fare di necessità virtù.
Poco fa ho detto che la caccia al beccaccino è l’ultima “caccia classica”…. e posso immaginare le reazioni di coloro che si dedicano alla caccia della beccaccia: pur dichiarando la mia ammirazione per questo tipo di caccia, resta il fatto che si svolge nel bosco dove il cane si vede solo ogni tanto…e risulta necessario l’uso del campano e al punto da giustificare l’uso del GPS, che è certamente utile, ma è un obbrobrio. Quindi, con tutto il rispetto per quei colleghi, confermo la mia asserzione sulla prerogativa della caccia al beccaccino come massima espressione di classicismo venatorio.
”Come si sceglie il cane destinato a diventare “beccaccinista”?
Non è questione di razza, perché può esserci in tutte le razze da ferma (ne ho visti persino fra figli di razze diverse!, e il mio primo cane lo era) e ci sono magnifici starnisti e fermatori di altra selvaggina…..per i quali i beccaccini è come se non esistessero.
Tutti i cani fermano le quaglie
Tutti i cani da ferma fermano i fagiani.
Tutti i cani da ferma fermano le starne.
Tutti i cani da ferma fermano i frullini (tanto simili…e tanto diversi dai beccaccini).
Ma solo alcuni fermano il beccaccino.
Il beccaccinista bene o male fermerà tutta l’altra selvaggina
Il beccaccinista è tale in virtù di un suo specifico patrimonio genetico (che viene trasmesso come gene recessivo….ed è un concetto piuttosto complesso sul quale non è il caso di soffermarsi in questa sede).
L’unica garanzia per avere un cane geneticamente dotato di questa virtù (cioè di essere geneticamente capace di “fermare” i beccaccini) è che entrambi i genitori siano anche loro beccaccinisti. Può anche succedere che occasionalmente nasca un beccaccinista da genitori che non lo sono….ma sono casi piuttosto rari il cui meccanismo rientra nella complessa modalità del fenomeno genetico.
Quindi l’unico consiglio valido è di andare a prenderlo da un allevatore che si dedica a questa caccia specialistica, che augurabilmente avrà fatto accoppiare la sua cagna da un maschio lui pure beccaccinista.
Ciò premesso, il “beccaccinista” deve avere anche la predisposizione per una cerca ampia – o quantomeno che sappia spaziare e coprire tutto lo spazio offerto dalle risaie – ed è anch’essa una qualità naturale che però va coltivata durante le prime stagioni di caccia. Ed a questo riguardo, un ruolo importante è giocato dall’andatura di cui il cane è dotato…. perché un conto è correre a perdifiato su un prato, e tutt’altro è cacciare da mattina a sera in risaie rese ostiche dal fango e dai profondi solchi lasciati dalle mastodontiche moderne mietitrebbia. Anche il movimento si trasmette con la predisposizione ad un andatura consona ai terreni ostici come sono le risaie, e cucciolini discendenti da beccaccinisti messi in risaie difficilmente inciampano, mentre altri cucciolini di correnti di sangue diverse si vedranno inciampare e che in poco tempo esauriranno la loro resistenza, e se non c’è la giusta mentalità e la giusta andatura poca strada si farà.
L’andatura di tutte le razze Continentali si adatta alla risaia senza compromettere lo stile di razza, soprattutto nei Continentali Italiani. Non altrettanto si può dire per le razze inglesi perché lo stile di andatura che esibiscono nella “grande cerca” non può essere mantenuto a lungo anche nel fango delle risaie.
Per far crescere opportunamente un giovane beccaccinista, è buona norma metterlo fin dalle prime uscite nei terreni da beccaccini, sparare solo ai suoi beccaccini, l’importante che solo quella sia la selvaggina che cacciano per mettersi nella testa anzi nel naso quell’emanazione particolare che mi piace definirla sottilissima come un filo di seta ma intensa per chi sa percepirla, un vero imprinting e continuare così per almeno un paio di stagioni, così da consolidargli nel naso e nel cuore la passione per questo selvatico tanto speciale. E ciò rappresenta un problema perché i terreni idonei non sono disponibili tutto l’anno.
Un tempo nei dintorni di Milano e nel Pavese c’erano le marcite, coperte da un velo d’acqua dal mese di Luglio a Marzo e che le proteggeva dal gelo invernale, in cui si “poteva” cacciare sino a Marzo; ed erano una palestra ideale, per la natura del terreno e per l’umidità che supportava e trasportava le particelle odorose; ed in marcita si vedevano in fatti ferme favolose.
Ora invece – oltre alle risaie – ci sono solo rari prati bagnati e sperando nella pioggia poche stoppie di cereali bagnate, dove già da metà Luglio si possono trovare i “nuovi nati” di beccaccino appena arrivati e più confidenti e saranno queste le palestre in cui iniziare le nuove leve.
Per una maggior disponibilità di terreni bisogna attendere il taglio dei risi, essenzialmente in Ottobre, ma l’acqua dal cielo deve arrivare pressappoco un po’ prima e un po’ dopo.
A questo proposito ho sperimentato con successo le torbiere dell’Irlanda sempre ben ventilate, ricche di beccaccini ben distribuiti sul terreno e che sono una magnifica palestra in cui cementare un giovane beccaccinista.
Comunque bisogna insistere a portare il giovane allievo solo su terreni da beccaccini, per inculcare in lui che soprattutto quella è la selvaggina a cui si dedicherà preferenzialmente per tutta la vita.
Poco fa ho detto che nelle prime stagioni di caccia bisogna sparare (e possibilmente abbattere) solo ai beccaccini che augurabilmente il giovane ha fermato.
E se il giovane allievo non è riuscito a fermarli, si abbia l’accortezza di sparare quantomeno a quelli che aveva messo nel naso, che ha augurabilmente filato e che ha visto partire.
Poi però – non appena l’allievo inizia a fermare – si dovrà sparare solo a quelli effettivamente fermati. E per non cadere in tentazione, il modo più sicura è di tenere il fucile in spalla, imbracciandolo solo quando ci si avvicina al cane per servirne la ferma (o meglio ancora tenere il fucile scarico e mettergli le cartucce solo quando siamo sul cane – come di norma si fa nei Paesi del Nord. E trattandosi di una caccia d’elite, sarebbe coerente anche noi facessimo altrettanto.
Se non si vuole sciupare il lavoro del beccaccinista, bisogna dedicarlo esclusivamente al beccaccino, altre forme di caccia lo possono viziare, mentre l’addestramento su altra selvaggina soprattutto starne aiuterebbero a regolarne la cerca .
Le prove di lavoro dei cani da ferma sono – o dovrebbero essere – la fedele riproduzione della caccia.
Ciò è certamente vero per le prove a beccaccini (cosa che non sempre lo è per le prove sull’altra selvaggina). Coerentemente, le prove a beccaccini sono considerate “di caccia pratica” per gli “inglesi” mentre sono sempre state equiparate alle “classiche” per i Continentali (il perché l’ho già spiegato nelle note relative all’andatura) oggi giorno purtroppo questa nomenclatura per le razze continentali è passata di moda .
La perfetta aderenza tra la caccia e le prove semplificano, ma allo stesso tempo complicano il loro giudizio,
Lo semplificano perché basta che il cane si comporti come farebbe a caccia.
Lo complicano perché implica necessariamente che il giudice sia un provetto cacciatore di beccaccini (cioè la conoscenza teorica dei regolamenti non gli basterà).
Di fatto cioè il Giudice deve assegnare al concorrente il terreno del turno, orientarlo a favor di vento, ed osservare come il cane si comporta. E il Giudice rimanere fuori dalle risaie ad ammirare il lavoro del cane per non disturbare ed anche per avere una visione più ampia, sarà la sua esperienza a dirgli se un eventuale trascuro è un peccato da eliminazione, o se va ignorato perché il beccaccino era in una zona in cu era imprevedibile ci fosse. Ed una delle prerogative del beccaccinista (a 2 ed a 4 due gambe) è proprio di saper discernere i terreni adatti, ignorando gli altri, perché ogni risaia è diversa l’una dall’altra e la cerca e la rispettiva prestazione cambiano moltissimo se questa è marcia con fondo paludoso, se bagnata dal fondo duro, se semi asciutta, se bruciata, e dall’altezza della stoppia di riso, dalla quantità d’acqua presente sul terreno. Che se poi occasionalmente un beccaccino si trova proprio dove non doveva essere, è solo sfortuna… che come tale non va penalizzata.
Quando però capita che il turno si svolge nelle “maledette” risaie spianate col lazer, allora il cane deve fare una cerca più regolare . Il che complica non poco le cose.
Lo stampo del “beccaccinista” nella prova sarà la sua capacità di andarsi a prendere un punto col naso nel vento là dove il suo sesto senso lo ha portato, dopo una lunga filata il ferro del mestiere del beccaccinista, grazie alla quale ha saputo discerne l’emanazione giusta da quelle spurie, inchiodando il beccaccino a distanza tale da reggere, tenendolo inchiodato a terra tutto il tempo necessario al conduttore di andarlo a servire.
E se il giudice non è un esperto beccaccinista?
L’unica soluzione sarà di farlo accompagnare da qualcuno che lo è, da cui farsi consigliare nel seconda del tipo di terreno e delle condizioni atmosferiche del momento. E che lo aiuti a distinguere se davanti al naso del cane c’è un beccaccino o un frullino, che il beccaccinista tratterà come se fosse un beccaccino (laddove il “non beccaccinista” solitamente ferma il frullino a pochi passi dal naso).
E se nella prova ci sarà qualche ferma in bianco, il Giudice non dovrà considerarlo un peccato grave, perché – come ho già spiegato – distinguere l’emanazione giusta nel marasma di odori della risaia non è un compito facile, anzi è difficilissimo, soprattutto tenendo conto che il beccaccino è un selvatico “leggerissimo”, cioè che tende ad involarsi al minimo disturbo. Ed il beccaccinista a volte diventa succube della necessaria prudenza, che può esser causa di qualche inevitabile ferma in bianco. Solo due prove si svolgono in periodo di caccia cacciata con selvatici veri, cacciati e molto smaliziati, beccacce e beccaccini. Un conto è fermare i beccaccini ad Agosto ed un’altra cosa fermarli a Novembre dopo che si sono salvati dalle fucilate.
Naturalmente nelle prove il cane deve essere corretto al frullo, cosa che per le altre prove si ottiene con un addestramento fatto con quaglie o comunque utlizzando selvaggina di voliera, che per i beccaccinisti è quantomeno disdicevole. Quindi la correttezza al frullo deve esserci,,,ma non sarà molto facile da ottenere.
Ecco questo è tutto quello che posso dirvi sulla caccia al beccaccino….. ma se l’anno prossimo dovessi ripetere la mia chiacchierata, certamente avrei qualcosa da aggiungere…. perché a beccaccini non si è mai finito d’imparare…. e chi ci insegna è soprattutto il nostro cane
Personalmente da quasi quattro lustri ho scelto di dedicarmi ai Bracchi italiani, il cui trotto spinto si adatta magnificamente ai difficili terreni in cu avviene la caccia ai beccaccini, il cui alto portamento di testa – sempre in movimento orizzontale alla ricerca delle emanazioni sospese nell’aria – esalta la funzionalità ed i valori estetici della cerca.Sono ottimi riportatori naturali …. E per di più, sono anche molto belli (perché anche l’occhio vuole la sua parte). Ed ho selezionato una corrente di sangue di beccaccinisti che mi hanno dato enormi soddisfazioni, praticamente senza quasi mai dover scartare un cane.
Oltre a ciò, c’è il dettaglio non trascurabile che è una razza italiana, che è nostro dovere proteggere e conservare.